“Querido Diego, el viernes pasado en Lengua con Gloria trabajaron El mimo excelso, hoy por la mañana lo hicieron conmigo [Laly es Docente de Italiano, y justamente trabajaron con la traducción de ese Diálogo] hicimos un ejercicio de reconstrucción de la historia a través de simples frases en L2 que yo puse en el pizarrón desordenadas, luego siguió la charla fue interesantísima e interesantísimos los caminos hacia donde llegamos.
Llegamos por ejemplo a que este niño, una vez terminada la obra del mimo, (una vez el sentado luego de haber sacado la flor y haberla ubicado detrás de el) el niño, va toma la obra, la hace propia y la continua, la redefine en cierta forma, haciendo el hoyo, plantando la flor y regándola, esta cosa maravillosa y de ida y vuelta que se produce entre el artista y el espectador.
Dijeron también que el niño supo perfectamente lo que el mimo quería transmitir, esto de que muchas veces no se necesitan las palabras, a veces solo son necesarios gestos… y agrego yo gestos concretos de parte del mundo de los adultos.
Luego siguieron los dibujos, no los terminaron, cuando los tenga, te los voy a mandar, y por ultimo un mensaje a vos, transcribo textualmente:
“Estas son algunas de las caricias para tu alma que te mandamos desde Las Rosas” dijo Laly, el primer pensamiento que se me cruzo por la cabeza fue: “¿caricias? ¡más que eso es!”, pero inmediatamente despues me di cuenta, de que justamente las caricias son el alimento del ser y del alma, su reposo, su descanso, su gracia, su sentir, uno de los más sublimes actos del ser como humano… Entonces, retrocedi en mi pensar y descubri la excelente evocación que hizo dicha docente.
Il mimo eccelso.
(A cura di Diego Baigorri).
Dicono che un mimo viveva in una immensa rocca, lui era il migliore di tutti, soffiava e creava meraviglie, benché non avesse alito per soffiare. Il suo paradiso non era altro che un po’di pascolo, rocca solida, terra rossa, un ruscello, e il profumo incredibilmente sublime della loro fusione.
Dicono anche che la gente arrivava dai differenti punti cardinali e si riuniva al tramonto in una piazza sotto la sua rocca, aspettando la sua stupenda attuazione.
Il giorno di oggi, è uscito in scena, come tutti i giorni, senza emettere nessun suono, allungò le sue braccia, e cominciò a marcare perfettamente e in forma meravigliosa, i limiti di una scatola che dopo si trasformò in un pesante bagaglio, le sue braccia tremavano, le sue vene al limite di esplodere, appena un gesto di sospiro fece sapere che aveva lasciato l’elemento.
Si chinò, l’aprì e dal suo interiore tirò fuori quello che sembrava essere un fiore, sentì il suo aroma, prese con prudenza un fragile vaso di fiori, e lo colocò dentro. Quasi all’istante di finire quel movimento, mise l’apparente vaso di fiori dietro di lui, alla sua sinistra, quasi senza poter essere visto.
Finito questo si sedè ad aspettare.
Gli spettatori esaltati facevano coro del suo nome come se fosse il Messia.
Al passare i minuti, il volgo, cominciò a mormorare e a domandarsi che cosa succedeva, perchè non faceva nessun movimento.
All’improvviso, un bambino foraneo, uno di quelli tanti che osservava lo spettacolo per prima volta, si avvicinò , gesticolò una forza enorme verso la sua sinistra, come se della sua vita dipendesse scorrere quello che lì si trovava. Prese il fiore con le dita della sua mano destra cominciò a fare un piccolo buccolino in terra. La gente guardava inquieta senza capire , senza comprendere.
Dall’ aria prese un innaffiatoio e versò l’acqua sul fiore, poi fece un gesto d’esaltazione estrema, guardò all’artista dell’invisibile e si sedè accanto a lui.
Il mimo sorrise, le sue labbra si aprirono, la folla attonita si avvicinò temerosa, alla fine conoscerebbero la sua voce!
Allora lui disse:
— Tu che anche l’hai visto, hai capito… sorridendo complicemente e agitando la testa levemente su e giù—hai scoperto il mio segreto… grazie… arrivò l’ora della mia partenza
Si alzò ,e con quello visibile,cominciò a camminare senza direzione, lasciando il suo paradiso.
E fu così che il bambino mai tornò a lasciare un suono, fino all’arrivo di un altro, che come lui, abbia imparato a guardare senza restringersi.
Per voi carissimi allievi della 7 ma classe, sempre nel mio ricordo.
Diego Baigorri.
Novembre ’08.